Ecco, io non ho mai realmente compreso la fobìa- del- vicino- di- casa. Tutti l’abbiamo, ammettilo. Se ce lo ritroviamo in
ascensore, poi, quei tre piani quantificabili in una manciata di poveri secondi
sono a dir poco una prova decisamente imbarazzante e fastidiosa da affrontare.
Si guarda a terra, poi in alto come se il soffitto triste e scorticato
dell’ascensore vecchio di 40 anni che il condominio non vuole cambiare, con quella luce fredda al neon, impossibile da fissare, possa rivelarci il futuro, poi si muovono le
chiavi come se fosse la prima volta che entriamo a casa e quindi non
abbiamo ancora memorizzato la giusta manovra che aprirà la porta, si guardano le
scarpe, una sbirciatina allo specchio ma non troppo altrimenti sembriamo vanitosi e la vergogna non farebbe che aumentare l'imbarazzo generale, e alla pulsantiera. Un respiro tipo sospiro come a dire "che giornataccia, sono assorto nei miei pensieri, non dirmi nulla", un lieve movimento con la bocca che tira le guance all'insù, impercettibilmente, dando vita ad un timido sorriso che nasce un pò spontaneo e un pò obbligato e l'immancabile frase di rito "scusa non ricordo a che piano vai....ah ok, al quarto, io al terzo, allora scendo prima io..." segue sorriso imbarazzato perché questa domanda è sempre la stessa e la risposta è sempre la stessa e mai nessuno dei due memorizza il piano dell'altro: fenomeno paranormale che la dice lunga. Facciamo di tutto per
non iniziare una conversazione e per non incrociare gli sguardi. Quasi rimpiangiamo la nonna o, ancora peggio, la vecchia zia che a tutte le feste comandate ci chiede se abbiamo il fidanzatino o la fidanzatina. Se poi i piani
da condividere sono almeno 5 i secondi si allungano e preferiamo fare le scale
anche se abbiamo l’enfisema, fermandoci ad ogni pianerottolo, perché il fiatone
di chi prende la macchina per ogni spostamento pur di non percorrere 200 metri a piedi ha la
stessa violenza di un calcio nello stomaco dopo il cenone della vigilia, a
panza piena. Ma fai lo sportivo, quello che le rampe le sale a falcate di due gradini alla volta e anche con 4 buste della spesa, sai quelle di
plastica reciclata che fa tanto “salviamo l’ambiente” ma che poi basta l’angolo
della confezione delle uova per spaccarle esattamente a metà, senza concederti quell'accenno di attimo per tentare di salvare almeno i pomodorini ciliegini che una volta che iniziano a rotolare, lo sappiamo, è davvero la fine. Scivolano 80 euro di spesa giù per le scale e le banane sul pianerottolo ormai si sono già ammaccate in men che non si dica eppure le avevi toccate tutte, al supermercato, per prendere le più dure. Ci avevi messo mezz'ora. Una mezz'ora utilissima buttata al vento. Il barattolino di yogurt che puntualmente si spacca e poi quindi devi mangiarlo il giorno stesso anche se non ti va. E proprio nel momento in
cui ti chini a 90 mormorando strane parole simili a parolacce appena inventate, sperando che nessuno in quel momento apra la porta, con la borsa che scivola dalla spalla, le chiavi che si sono
incastrate ad un filo della giacca tirandolo e pensi No ti prego la giacca no
l’ho pagata troppo, il cellulare la cui tastiera è stata per errore attivata
dai movimenti maldestri e che ora sta chiamando un numero fatto di asterischi e
punti esclamativi, continui la tua ascesa calibrando i passi con estrema fatica
perché il prossimo passo sbagliato potrebbe squarciare la seconda busta mentre
la vena della fronte gonfiatasi nel momento del disastro in cui ti sei piegato e tutto il sangue è andato alla testa che ora ti gira e vedi i puntini neri, sta lentamente riassorbendosi portando via dal tuo viso quel colore viola blu tipico di chi sta troppo a testa in giù . Questa
è una fobìa. Analizziamola: non sappiamo proprio cosa dire, dopotutto chi ha un argomento che duri 3 o 4 piani? Pensaci.Impossibile. Oppure ci sta antipatico il
vicino, ci sentiamo in colpa perché aspettiamo che vada a letto per buttargli
nel giardino la sporcizia del nostro balcone, ogni sabato invitiamo a casa
gente che urla e abbiamo paura di un suo rimprovero, il nostro cane abbaia
troppo, i suoi bambini con i loro pianti isterici ci distraggono tutto il
giorno dalla pace che vorremmo? Quali sono le reali motivazioni che ci spingono
ad avere la paura del vicino di casa? Forse all’ultima riunione di condominio
gli abbiamo dato dell’idiota o sappiamo che la moglie riceve a casa un pò troppe visite ma non possiamo osare.
Scendi dalla macchina e se vedi che anche lui sta
scendendo e sta dirigendosi verso il portone, rientri nella tua utilitaria e fai tutto
quello che non faresti mai tipo decidere di fare le pulizie in quel preciso
istante magari svuotando il posacenere pieno di carte di merendine, sigarette e
scontrini oppure dai un’occhiata ai sedili posteriori e decidi di sistemare
quelle due buste che lascerai lì o magari sistemare il santino che tieni
incastrato nello specchietto retrovisore e che cade ad ogni curva. Tutte azioni assolutamente inutili
per ingannare il tempo, dar modo a lui di arrivare all’ascensore da solo e
raggiungere il suo piano. Via libera. Finalmente puoi abbandonare le finte
mosse utili all’interno del tuo veicolo e correre verso le scale. Oltretutto te
la stai facendo sotto ma questo ed altro pur di non sentir la costrizione di
dire “buonasera tutto bene? “si, grazie e lei?” “si si tutto bene, freddino
oggi….eh si la primavera sta tardando” “si in ufficio tutti malati, un
disastro” “eh si”. Gelo. Ecco, è quel gelo che segue ad una conversazione tanto
rapida quanto formalmente disinteressata e di circostanza che ci inibisce.
Poi però ci piace dire che siamo socievoli, aperti e genuini
e che amiamo parlare col primo che incontriamo e magari aiutarlo ad
attraversare la strada e “non sai ho passato un’ora con una vecchietta sulla
panchina, bellissimo, mi ha molto arricchita. Dovremmo farlo tutti. Fa bene al
cuore, all’anima, sono tornata a casa che mi sentivo proprio bene, in pace col
mondo. Povera vecchina chissà com’era sola…” - “ si guarda anche io sono aperta e solare, molto
sensibile e empatica, mi piace ascoltare le persone e fare beneficenza, a
proposito, vado in Africa dai bambini di colore distrutti da malattie e fame.
Vado ad aiutarli, solo lì mi sento utile. Non vedo l’ora, vado con la
parrocchia e farò tante foto. Sento nel cuore questa solidarietà con il
prossimo, sento di doverlo fare. In Africa.”.
Dopotutto vado fin lì perché credo che nel mio condominio
tutti stiano bene. Credo.
Non si scappa mai dai luoghi, né dalle persone, né tantomeno dalle circostanze. Si scappa da sé stessi.
( A. Merini)
Non si scappa mai dai luoghi, né dalle persone, né tantomeno dalle circostanze. Si scappa da sé stessi.
( A. Merini)
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